Un pomeriggio di settembre di circa 27 anni fa, buttata al volo l’attrezzatura nella FIAT 127, raggiungo il fiume Pescara ad una decina di chilometri da casa. Era da poco che pescavo a mosca, tra canna mulinello e coda forse non avevo speso più di 30.000 lire. Legato al finale un moscone nero in ciniglia, comincio a lanciare battendo l’acqua a risalire e, dopo i primi lanci, qualche cavedano sui due etti comincia ad aggredire l’esca. Proseguo verso monte pescando sempre la sponda opposta e le catture aumentano sia di numero che di taglia.
“Bene…”, pensai tra me e me, “… oggi è davvero una giornata proficua!!!” e, continuando a risalire lungo la sponda, riesco a prendere dei bei pesci, qualcuno sfiorava anche il chilo di peso, una cosa mai vista prima.
Ad un certo punto arrivavo a prendere un cavedano ad ogni lancio, una giornata da ricordare. All’ennesima ferrata la canna si piega più del solito ed il pesce comincia a tirare verso monte rompendo il finale. Alzo lo sguardo e scorgo uno spettacolo agghiacciante: a meno di dieci metri da me c’era una pecora morta ricoperta di bigattini e ratti, alcuni di questi nuotavano verso la carcassa in mezzo ad un enorme banco di pesci che si cibavano dei bachi trasportati dalla corrente. Il sobbalzo dovuto alla paura a momenti mi faceva cadere in acqua e provai un ribrezzo enorme in quanto i ratti mi fanno particolarmente schifo.
A distanza di anni, ripensando a tutto ciò , mi rendo conto che ora non c’è nemmeno il 10% del pesce che c’era allora anche se stiamo parlando di ciprinidi.
Lasciando da parte questo aneddoto, credo che in molti abbiano iniziato a pescare con la coda di topo insidiando i cavedani, vuoi per la diffusione, nonostante il loro numero sia sceso rispetto al passato, vuoi per il fatto di avere fiumi che li ospitano nei pressi di casa. Di sicuro la tecnica più bella e divertente è quella a mosca secca usando artificiali “importanti” come la Royal Wulff, api e vari terrestrial, ma spesso accadrà, specialmente in acque lente e dopo le prime catture di piccole dimensioni, che si insospettiranno e li vedremo stazionare a mezz’acqua sornioni e indifferenti a qualsiasi tipo di insidia.
Ed è qui che entra in gioco il jolly…!!!
Il classico moscone nero in marabou o ciniglia, anche se a tanti fa storcere il naso, è un’esca devastante per questo ciprinide, sia usato in battuta dove spesso lo ritroveremo direttamente agganciato nel richiamare la coda, sia nella più divertente pesca a vista dove, pescando ad una certa distanza, intuiremo l’abboccata dagli scarti laterali o dagli stop repentini del pesce.
Il cavedano è un mix di sospettosità, aggressività e curiosità e questo tipo di pesca stimola soprattutto questa sua ultima caratteristica: quando l’esca batte sull’ acqua e scende per qualche centimetro (io avvolgo qualche spira di filo di piombo da 0,5 mm in modo da farla scendere un po’ più velocemente) li vedremo apparire dal nulla incuriositi dal rumore specie se stiamo lanciando in acque profonde, mentre se stiamo pescando a vista si girerà di scatto e vedremo sparire l’esca nella sua bocca.
Di sicuro non è una pesca nobile, ma è un buon modo di fare pratica per i novelli pam ed una divertente alternativa a chilometri quasi zero per i più esperti; agganciare pesci da chilo, magari in acque pulite, dà sempre molta soddisfazione.
Fausto Basile